Cinema e lavoro

Ladri di biciclette di Vittorio De Sica – D0821/D1728
Riso amaro di Giuseppe De Santis – P0574/D0999
Il Ferroviere di Pietro Germi – P0178
Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti – D2287
Il posto di Ermanno Olmi
I compagni di Mario Monicelli – D3803
Omicron di Ugo Gregoretti – D3805
La classe operaia va in paradiso di Elio Petri – D3806
Liberi di Gianluca Maria Tavarelli – D3751
Apnea di Roberto Dordit – D3752
Giorni e nuvole di Silvio Soldini – D3753
Mi fido di te di Massimo Venier – D3754
C’è chi dice no di Giambattista Avellino – D3755
Santa Maradona di Marco Ponti – D2741
Il posto dell’anima di Riccardo Milani
Mobbing – Mi piace lavorare di Francesca Comencini – D3748
Volevo solo dormire addosso di Eugenio Cappuccio – D3749
Generazione mille euro di Massimo Venier – D3804
Tutta la vita davanti di Paolo Virzì – P1800
Figli delle stelle di Lucio Pellegrini – P2851
Smetto quando voglio di Sydney Sibilla – P2970
L’intrepido di Gianni Amelio – D1540
The Pills – Sempre meglio che lavorare di Luca Vecchi – D3747
Vivere e morire di lavoro di Daniele Segre – MA041
“La Repubblica”, si legge nell’art. 4, “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Lavoro come diritto, dunque, come bene prezioso da salvaguardare, scrive Gianola, come “valore culturale e sociale sul quale costruire un modello di società” e su cui fondare una nazione più libera, più prospera, e anche più giusta.
Alla luce dei cambiamenti economico-sociali incorsi negli ultimi anni si deve sfortunatamente constatare come tali principi che hanno garantito sviluppo e pace sociale per almeno quarant’anni, siano ormai venuti meno e siano stati erosi dai drammatici cambiamenti imposti dalla globalizzazione industriale e dalla speculazione finanziaria.
Il mondo del lavoro, il mondo di quella generazione post-bellica che Serena Zoli ha giustamente chiamato “la generazione fortunata”, sta svanendo sotto i nostri occhi, per lasciare lavoratori e cittadini in uno stato di perenne incertezza. Il panorama lavorativo contemporaneo si presenta, come conseguenza, estremamente complesso, problematico, frammentato, totalmente diverso dal mondo del lavoro cui si era abituati(…).
Anche se il cinema italiano ha prodotto capolavori che hanno posto il problema del lavoro (o della mancanza di esso) al centro dei propri racconti, molti studiosi hanno lamentato la scarsa attenzione data a queste tematiche da parte di tutta la cultura italiana. Ma la situazione è andata cambiando e sempre più autori si sono avvicinati tanto che il corpus di lavori comincia ad assumere una rilevanza importante sia dal punto di vista socio-politico, sia da quello estetico-stilistico.
(Paolo Chirumbolo da Il mondo del lavoro nel cinema del nuovo millennio)