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Sentieri Underground #06 – Pasolini

Accattone — D1650 + P0185
Mamma Roma — P0463
Il Vangelo secondo Matteo
Uccellacci e uccellini — D3266
Edipo re — P0186
Teorema — P0175
Il Decameron — P0468A
I racconti di Canterbury — P0468B
Ro.Go.Pa.G., episodio La ricotta — D2191 + P0896
La rabbia — P0974
Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo — P0480A + DO988A
Comizi d’amore — D0877
Capriccio all’italiana, episodio Che cosa sono le nuvole? — D1009
Il fiore delle Mille e una notte — P0468C
Salò o le 120 giornate di Sodoma — P0468D

In un’intervista radiofonica andata in onda su Radio Rai il 21/03/1966, Pier Paolo Pasolini parla della scelta di diventare regista cinematografico e ricorda la passione per il cinema nata durante l’adolescenza, guardando i film di Charlie Chaplin e di Dreyer. Pasolini chiarisce, tuttavia, che la vera molla propulsiva al gesto registico è legata soprattutto all’aspetto ossessivo del suo carattere. La sua natura, infatti, secondo l’intellettuale italiano, lo stimola a cercare continuamente nuove forme espressive, esplorando tecniche diverse sia nel campo della letteratura che nel cinema. L’arte cinematografica coincide perfettamente con l’interesse del regista per lo “sperimentalismo tecnico”, che lo porta a realizzare un film tecnicamente diverso dal precedente per soddisfare la sua creatività artistica.

Io praticamente ho scelto il cinema perché si tratta di un vecchio amore che risale all’adolescenza quindi hanno fatto parte della mia formazione in modo assolutamente diretto dei registi cinematografici come Charlie Chaplin, Dreyer e molti altri…un po’ per la delusione derivata dal fatto che le mie sceneggiature non che fossero tradite ma venivano diverse da come me le immaginavo quando venivano realizzate eccetera eccetera. Ma la ragione vera fuori dall’aneddoto, fuori dalla biografia, che mi ha spinto a fare il cinema è la ragione stessa che mi ha spinto ad adottare tecniche diverse anche nel campo stretto della letteratura. Siccome probabilmente il fondo della mia psicologia è ossessivo, traumatico, come sempre quando un fondo psicologico ossessivo le forme espressive sono le più diverse, cioè ci sono direzioni tecniche diverse. Quindi in fondo per tutta la mia vita io ho dovuto continuamente ricorrere a delle tecniche nuove quasi varianti di questo fondo ossessivo della psicologia. Per ottenere quindi una serie di liberazioni che non avrebbero potuto essere tali se si fossero ripetute. Quello del cinema evidentemente è il più clamoroso, ma anche nell’ambito del cinema ho bisogno continuamente di fare un film tecnicamente diverso dal precedente, altrimenti non sento la spinta, non sento l’ispirazione a girarlo questo film. E quindi la ragione vera che mi ha spinto a fare il cinema è questo bisogno di adottare una tecnica diversa. E ora di fronte a questa tecnica non mi sono trovato stupito. Probabilmente ho affrontato Accattone con una certa dose di incoscienza…ma non credo però…l’ho trattato con una tranquillità di chi è abituato da lungo tempo ad amare svisceratamente lo sperimentalismo tecnico”.

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