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IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE

“IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE” (Nan Fang Che Zhan De Ju Hui, tit. intl. The Wild Goose Lake, Cina/Francia, 2019, 113’), film noir del regista cinese Diao Yinan (già vincitore dell’Orso d’oro alla Berlinale con “Fuochi d’artificio in pieno giorno”) presentato in concorso al Festival di Cannes, sarà in programma al cinema Ariston in prima visione dal 14 febbraio.

Un capobanda in cerca di redenzione e una prostituta pronta a rischiare tutto per riavere la sua libertà si ritrovano inseguiti dalla polizia. Sulle rive del Lago delle Oche Selvatiche si giocherà l’ultima partita che deciderà il loro destino.

Scrive Diao Yinan nelle note di regia: «Dopo “Night Train” sognavo di realizzare un thriller. Sono un grande appassionato dei “noir” occidentali degli anni ‘40 e ‘50 e per me, come per molti, è un genere che si presta bene per esprimere osservazioni personali sugli uomini e sulla società. Avevo immaginato la storia de “Il lago delle oche selvatiche” prima di girare “Fuochi d’artificio” in pieno giorno, ma non mi sembrava abbastanza rifinita, così la misi in un cassetto.
Quando i media riportarono una storia simile, la mia idea non era più solo un’ipotesi letteraria, era diventata realtà. Mi sono messo a scrivere la sceneggiatura, che ha richiesto due anni di lavoro, cercando di rimanere sempre ben ancorato alla realtà. Un esempio: una “assemblea nazionale di ladri” si è davvero tenuta a Wuhan nel 2012, con delegati provenienti da tutto il paese. Sono stati denunciati e, quando la polizia è arrivata, erano nel pieno della spartizione dei territori, di fronte a una cartina della città! Quando ho letto questa storia sono scoppiato a ridere e ho pensato che sarebbe stata una scena formidabile, incredibilmente satirica».

“Il lago delle oche selvatiche”, distribuito dalla Movies Inspired, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con questa motivazione: «Diao Yinan porta una prospettiva poetica e un’estetica affascinante in un noir dalle esplosioni di efferata violenza, che diventa anche l’occasione per una riflessione sulla modernità cinese. Una sarabanda del caos, dove a dominare è il senso di impotenza e di morte: il regista si riappropria del genere, senza per questo smarrire il contatto con la realtà».

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